La Linex Corporation fu una realtà industriale emersa nel secondo dopoguerra, operativa negli Stati Uniti tra la metà degli anni Quaranta e l’inizio degli anni Sessanta. Fondata nel 1947 a Rochester, New York, da Henry K. Linex, un ingegnere meccanico con un passato nei reparti di progettazione ottica dell’esercito americano, l’azienda nacque nel pieno della transizione tra industria bellica e produzione civile. Questa riconversione fu particolarmente significativa nel settore fotografico, dove molte competenze tecniche accumulate in ambito militare vennero trasferite alla progettazione e costruzione di strumenti per l’uso professionale e scientifico.
Henry Linex, laureato in ingegneria applicata all’Università di Buffalo, aveva collaborato con vari istituti di ricerca durante la guerra, in particolare nell’ambito della progettazione di sistemi di puntamento ottico per l’aviazione. Alla fine del conflitto, notò il vuoto esistente tra le grandi industrie fotografiche (come Kodak) e la domanda crescente da parte di tecnici, topografi e scienziati di strumenti ottici portatili, resistenti, adattabili alle esigenze di campo.
La filosofia di base dell’azienda fu chiara sin dall’inizio: creare sistemi fotografici integrati per uso tecnico e professionale, compatibili con diversi supporti pellicolari, dotati di struttura robusta e di un’architettura modulare. Il primo impianto produttivo fu installato nella periferia industriale di Rochester, dove Linex raccolse un team ristretto di ingegneri, provenienti principalmente dalle industrie aeronautiche e dai laboratori ottici del Nord Est.
La Linex Corp non nacque come produttore per il grande pubblico, ma si posizionò immediatamente nel segmento specialistico. La clientela includeva architetti, cartografi, ricercatori universitari, archeologi e fotografi industriali. L’idea era quella di fornire uno strumento tecnico, più vicino a un apparecchio di misura che a una semplice macchina fotografica. Ogni fotocamera era accompagnata da schede tecniche dettagliate, curve di rendimento ottico, certificati di collimazione e istruzioni per la manutenzione a lungo termine.
Il primo prodotto ufficiale fu la Linex 5×7 Fieldmaster, una fotocamera a lastre piane progettata per ambienti ostili e condizioni operative difficili. La macchina aveva un telaio in alluminio sabbiato anodizzato, rinforzi in acciaio inossidabile e un soffietto in tessuto trattato per resistere a polvere e umidità. Ogni componente veniva sottoposto a test meccanici e termici prima della consegna. In un’epoca in cui molte aziende iniziavano a usare plastiche stampate, la Linex mantenne una costruzione interamente metallica per assicurare durabilità e precisione.
Tra il 1947 e il 1955, la Linex divenne nota nel settore tecnico-scientifico per la qualità meccanica e la coerenza dei propri strumenti. Le sue fotocamere vennero utilizzate per campagne di documentazione archeologica in Messico, per rilievi geologici nell’Arizona settentrionale, e furono adottate da vari dipartimenti di ingegneria civile per la documentazione di infrastrutture.
Il successo della Linex Corp risiedeva nella straordinaria attenzione per la meccanica di precisione. Ogni fotocamera era progettata come un sistema modulare, in cui il fotografo poteva scegliere tra diverse configurazioni in funzione del lavoro da eseguire. Il telaio base, denominato CoreFrame, era costruito a partire da blocchi di alluminio lavorati a controllo numerico, successivamente anodizzati o trattati con rivestimenti ceramici resistenti a usura, calore e umidità.
Le guide di scorrimento, fondamentali per le regolazioni del piano ottico e del piano pellicola, erano realizzate in ottone fosforoso su guide in acciaio temprato. Questo garantiva movimenti fluidi e silenziosi, anche in ambienti polverosi. I sistemi di blocco delle regolazioni erano a doppio registro: una ghiera micrometrica per il posizionamento, e una leva di bloccaggio a pressione differenziale per il fissaggio.
Una delle innovazioni più apprezzate fu il modulo di inclinazione asimmetrica, che permetteva regolazioni del piano pellicola indipendenti rispetto al piano ottico. In fotografia tecnica, soprattutto nella documentazione architettonica e industriale, questo consentiva correzioni prospettiche precise e allineamento del piano di messa a fuoco secondo i principi di Scheimpflug, con un controllo in tempo reale visibile sul vetro smerigliato di visione.
Il vetro di messa a fuoco, fornito da un piccolo laboratorio di ottica del Vermont, era montato su un sistema di tensione a molla, con inserti antiriflesso, ed era disponibile anche in versioni con reticolo millimetrico inciso per applicazioni di rilievo tecnico. Alcuni modelli avanzati includevano vetri intercambiabili con trattamento al fluoruro di magnesio, per ridurre riflessi e aumentare il contrasto in condizioni di luce difficile.
Il soffietto era realizzato in tela tecnica a tre strati, con un’anima in gomma sintetica, capace di resistere a trazione, umidità e agenti corrosivi. L’estensione poteva arrivare fino a 70 cm nella versione per il grande formato, con guide telescopiche che garantivano una perfetta tenuta ottica anche a lunghezze elevate.
Le ottiche montate erano prevalentemente di provenienza europea, ma Linex lavorò a lungo per sviluppare un attacco a baionetta proprietario, il sistema L-Mount, che consentiva l’uso di ottiche selezionate Schneider, Rodenstock, Goerz e Zeiss, mantenendo il tiraggio perfettamente coerente con le specifiche meccaniche del telaio.
L’otturatore centrale era affidato a fornitori specializzati (principalmente Ilex e Compound), ma veniva ricondizionato internamente per assicurare la massima precisione. Ogni otturatore era testato con misuratori meccanico-ottici costruiti in laboratorio, e accompagnato da una curva di tempo/esposizione personalizzata.
Un’altra innovazione, riservata ai modelli professionali della serie Linex ProLab, fu l’integrazione di un modulo di esposimetria esterna sincronizzabile, basato su celle fotoresistive CdS, alimentato da batterie al mercurio, con indicatore galvanometrico visibile tramite oculare laterale. Questo sistema, pur non essendo TTL, offriva una lettura affidabile delle condizioni luminose, adattabile alle curve di sensibilità di diversi materiali fotosensibili.
Durante la sua attività, la Linex Corp sviluppò una serie articolata di prodotti fotografici che spaziavano dal grande formato tecnico al medio formato per documentazione mobile. Il cuore dell’offerta fu rappresentato dalla linea Fieldmaster, che includeva versioni 4×5, 5×7 e 8×10, tutte basate sul medesimo principio modulare. A questi si affiancarono i modelli Compact 45 e Compact 66, progettati per essere utilizzati sul campo con maggiore agilità, ma sempre mantenendo le caratteristiche meccaniche e ottiche dei modelli da studio.
Uno dei prodotti di punta fu la Linex Compact 66-R, una fotocamera medio formato 6×6 con messa a fuoco a telemetro accoppiato, progettata per la documentazione industriale e l’uso da parte di istituzioni governative. Questa macchina, costruita interamente in lega leggera anodizzata, era dotata di ottiche intercambiabili, otturatore centrale con tempi fino a 1/500, esposimetro incorporato e struttura a tenuta stagna.
La versatilità delle Linex rese questi apparecchi ideali per diversi campi di applicazione. Nella fotografia archeologica, furono usate per campagne di rilevamento e documentazione nel sudovest degli Stati Uniti. Nella fotografia medica, furono adattate con ottiche macro e supporti stabilizzati per l’uso in ambienti ospedalieri. Nella documentazione architettonica, le regolazioni micrometriche e i piani mobili permisero l’adozione da parte di diversi studi professionali.
Un settore particolarmente interessante fu quello della fotografia geotecnica e geologica, dove le Linex venivano montate su supporti fissi per la documentazione a lunga esposizione di frane, pendii, erosioni. In questo contesto si rivelò fondamentale la capacità delle fotocamere di mantenere l’allineamento meccanico e l’impermeabilità per lunghi periodi.
Tra i clienti della Linex figuravano università, agenzie federali, dipartimenti di ingegneria civile, imprese di costruzioni e, in misura minore, fotografi professionisti legati a progetti tecnici. La produzione rimase sempre limitata, intorno ai 300–500 esemplari l’anno, con una forte personalizzazione su richiesta. Ogni macchina era accompagnata da manuali tecnici, strumenti di calibrazione e certificati di collaudo.
A partire dal 1960, la Linex Corp iniziò a risentire dei profondi mutamenti del settore fotografico. La crescente diffusione di fotocamere giapponesi, dotate di automatismi e vendute a prezzi più competitivi, iniziò a erodere il già ristretto mercato delle fotocamere tecniche manuali. L’azienda non riuscì a riconvertire i propri impianti né a sviluppare una linea di prodotti automatizzati o semielettronici. La filosofia di precisione meccanica su cui si era fondata cominciava a perdere rilevanza in un mercato che premiava portabilità, velocità e semplicità d’uso.
Henry Linex, ormai prossimo alla pensione, decise di non cedere l’azienda a investitori esterni e preferì concludere l’attività nel 1963, dopo 16 anni di operazioni. La chiusura fu ordinata, senza fallimenti né strascichi legali: tutti gli ordini vennero onorati, i clienti principali ricevettero assistenza fino a esaurimento scorte, e i macchinari vennero smantellati o ceduti a officine di precisione locali.
Oggi le fotocamere Linex sono estremamente rare. Si calcola che siano stati prodotti meno di 800 esemplari complessivi, molti dei quali sono oggi custoditi in collezioni di strumenti ottici, dipartimenti universitari o mani di fotografi storici. I modelli più ricercati sono le Fieldmaster 8×10 e le Compact 66-R, considerate vere opere d’ingegneria fotografica per la loro costruzione interamente metallica e la capacità di mantenere precisione anche dopo decenni.
Le Linex sopravvissute funzionano ancora oggi grazie alla costruzione meccanica interamente revisionabile: le guide, gli otturatori, i telai e i soffietti sono tutti smontabili, lubrificabili, sostituibili. Alcuni artigiani specializzati negli Stati Uniti offrono ancora oggi servizi di manutenzione e restauro, trattando le Linex come strumenti scientifici più che semplici macchine fotografiche

Sono Manuela, autrice e amministratrice del sito web www.storiadellafotografia.com. La mia passione per la fotografia è nata molti anni fa, e da allora ho dedicato la mia vita professionale a esplorare e condividere la sua storia affascinante.
Con una solida formazione accademica in storia dell’arte, ho sviluppato una profonda comprensione delle intersezioni tra fotografia, cultura e società. Credo fermamente che la fotografia non sia solo una forma d’arte, ma anche un potente strumento di comunicazione e un prezioso archivio della nostra memoria collettiva.
La mia esperienza si estende oltre la scrittura; curo mostre fotografiche e pubblico articoli su riviste specializzate. Ho un occhio attento ai dettagli e cerco sempre di contestualizzare le opere fotografiche all’interno delle correnti storiche e sociali.
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Oltre al mio lavoro online, sono autrice di libri dedicati alla fotografia. La mia dedizione a questo campo continua a ispirare coloro che si avvicinano a questa forma d’arte. Il mio obiettivo è presentare la fotografia in modo chiaro e professionale, dimostrando la mia passione e competenza. Cerco di mantenere un equilibrio tra un tono formale e un registro comunicativo accessibile, per coinvolgere un pubblico ampio.