La Ferrania rappresenta uno dei più significativi esempi di azienda italiana dedicata alla produzione di materiali fotosensibili e alla tecnologia fotografica, con una storia che attraversa più di un secolo di evoluzione tecnica, industriale e culturale. La parabola di questa azienda ligure ripercorre l’intero sviluppo dell’industria fotografica, dalla nascita dei primi supporti sensibili alla rivoluzione della pellicola a colori, passando per le straordinarie innovazioni nel campo della cinematografia che hanno contribuito a definire l’estetica visiva del Novecento italiano ed europeo.
Le origini e la trasformazione (1882-1920)
La storia della Ferrania ha inizio nel 1882, quando a Cengio, in Liguria, sulle rive del fiume Bormida, venne fondata una fabbrica destinata alla produzione di dinamite. Questa location non era casuale: l’area offriva abbondanza di acqua, necessaria per i processi produttivi, e una posizione relativamente isolata, fondamentale per la sicurezza dato il tipo di produzione. Il complesso industriale fu concepito inizialmente come supporto alle industrie belliche e minerarie, rappresentando uno dei primi esempi di industrializzazione avanzata nel settore degli esplosivi in Italia.
Il vero punto di svolta nella storia di quella che sarebbe diventata la Ferrania si verificò durante la Prima Guerra Mondiale. Dopo l’ingresso dell’Italia nel conflitto nel 1915, la fabbrica, allora denominata SIPE (Società Italiana Prodotti Esplosivi), conobbe una fase di espansione straordinaria. La necessità di fornire materiale bellico all’esercito italiano determinò un potenziamento senza precedenti dell’impianto produttivo. La nitrocellulosa, componente fondamentale nella produzione di esplosivi, divenne il fulcro delle attività della SIPE.
Un episodio particolarmente rilevante nella storia aziendale si verificò nel 1916. La Russia imperiale, trovandosi in carenza di esplosivo in polvere per sostenere lo sforzo bellico contro gli Imperi Centrali, si rivolse direttamente alla SIPE. Fu così che nello stabilimento di Cengio, nei pressi di quello che sarebbe diventato il centro operativo di Ferrania, arrivarono tecnici specializzati dalla corte dello zar Nicola II. Questi esperti lavorarono alla preparazione di una speciale miscela di nitrocellulosa destinata ai proiettili dell’esercito russo, proseguendo questa collaborazione fino a quando la Rivoluzione d’Ottobre del 1917 portò la Russia fuori dal conflitto mondiale.
Questa fase bellica rappresentò paradossalmente la genesi della futura vocazione fotografica dell’azienda. Con la fine della guerra, infatti, la SIPE si trovò con enormi scorte di nitrocellulosa, materiale che non aveva più il suo precedente mercato di sbocco. La dirigenza aziendale, dimostrando notevole visione industriale, scelse di riconvertire l’impianto produttivo orientandosi verso la produzione di celluloide, un materiale composto essenzialmente da nitrocellulosa e canfora. La celluloide era il componente fondamentale per la realizzazione dei supporti della pellicola cinematografica, un settore allora in forte espansione a livello mondiale. Questa decisione strategica segnò l’inizio di una nuova era per lo stabilimento: la trasformazione da produttore di esplosivi a pioniere nell’ambito dei materiali fotosensibili.
La riconversione industriale fu formalizzata sul finire del 1917, con il conflitto ancora in corso. In questo periodo si assistette alla costituzione della società per azioni FILM (Fabbrica Italiana Lamine Milano), un’impresa a capitale italo-francese che vide la partecipazione al 50% della SIPE e della celebre casa francese Pathé Frères di Vincennes, all’epoca leader mondiale nella produzione di supporti sensibili per la fotografia e la cinematografia. La Pathé, con la sua esperienza tecnica e commerciale, fornì il know-how necessario per avviare la produzione di pellicola cinematografica in Italia.
Il contesto in cui nacque la FILM era caratterizzato da un’industria fotografica italiana ancora in fase embrionale. La produzione di supporti fotosensibili nel paese era affidata a poche aziende, principalmente milanesi, come la Cappelli, specializzata nella realizzazione di lastre fotografiche in vetro, e la Tensi, che oltre alle lastre produceva anche carta da stampa e prodotti per la cinematografia. Queste realtà, pur rappresentando punte d’eccellenza, erano ancora legate a una dimensione quasi artigianale della produzione, in un mercato dominato da colossi internazionali come Kodak e Agfa.
La transizione dalla lastra fotografica in vetro alla pellicola flessibile stava tuttavia rivoluzionando il settore, e la nascente FILM si posizionò strategicamente in questo passaggio tecnologico. Il futuro sembrava chiaramente orientato verso la pellicola come supporto non solo per il cinema, ma anche per la fotografia. Questa evoluzione tecnologica fu ulteriormente accelerata dal lancio della rivoluzionaria Leica di Ernst Leitz nel 1924, una fotocamera compatta che utilizzava pellicola cinematografica da 35 mm tagliata a misura. L’introduzione di questo apparecchio innovativo, che favorì definitivamente il passaggio dal vetro alla pellicola nel campo della fotografia, contribuì a segnare un punto di svolta per l’intera industria, spingendola a rivalutare i propri metodi produttivi e a investire in tecnologie più avanzate.
Sviluppo nel periodo tra le due guerre (1920-1940)
Dopo la complessa fase di riconversione degli impianti bellici, nell’agosto del 1920 la FILM iniziò le prime prove per la produzione di pellicola positiva destinata alla cinematografia. Il debutto sul mercato avvenne però in un contesto di grande difficoltà, caratterizzato da una crisi strutturale che affliggeva l’industria cinematografica italiana dell’epoca. La concorrenza internazionale, soprattutto americana, e le difficoltà economiche del primo dopoguerra creavano un ambiente sfavorevole per una nuova azienda nel settore. La situazione si fece particolarmente critica nel 1923, quando emerse che il costo di produzione di un metro di pellicola superava di ben 40 centesimi il ricavo ottenuto dalla sua vendita, un disavanzo insostenibile nel lungo periodo.
Nonostante queste difficoltà iniziali, l’azienda dimostrava già una struttura solida, contando più di cento addetti. La svolta arrivò con importanti cambiamenti nella compagine societaria e nella direzione strategica dell’impresa. I francesi della Pathé, forse scoraggiati dalle difficoltà incontrate nel mercato italiano, abbandonarono l’impresa cedendo gratuitamente la loro quota azionaria al Credito Italiano, che nel frattempo era diventato proprietario anche della SIPE. Questa riorganizzazione portò alla designazione dell’ingegner Franco Marmont come presidente e amministratore delegato, una figura che si sarebbe rivelata determinante per il futuro sviluppo dell’azienda.
La visione strategica di Marmont si basava su principi imprenditoriali audaci per l’epoca: riduzione dei prezzi di vendita e una politica di investimenti mirati alla crescita dei volumi di produzione. L’approccio prevedeva l’accettazione di perdite iniziali per consentire la riduzione dei costi unitari di produzione attraverso economie di scala. Questa strategia si rivelò vincente, permettendo all’azienda di riequilibrare gradualmente i conti e di consolidare la propria presenza nel mercato dei supporti sensibili.
Parallelamente al risanamento economico, si assisteva a un fenomeno di crescita esponenziale della domanda di pellicola. Il cinema stava diventando un fenomeno di massa, e la fotografia iniziava a diffondersi anche tra gli amatori, trasformando la pellicola in un vero e proprio bene di consumo con un mercato in costante espansione. In risposta a queste nuove esigenze, la produzione della FILM si diversificò notevolmente, includendo non solo la pellicola per il cinema professionale, ma anche lastre radiografiche per uso medico, formati cineamatoriali da 16 mm, carta fotografica per la stampa, rulli fotografici di vari formati e, soprattutto, i rullini 35 mm che avrebbero rivoluzionato la fotografia amatoriale.
Nel 1932 si verificò un’importante operazione di consolidamento nel panorama dell’industria fotografica italiana: la società FILM assorbì l’azienda Cappelli, specializzata nella produzione di lastre fotografiche, assumendo la nuova denominazione di Film Cappelli – Ferrania. Questo passaggio segnò l’inizio dell’utilizzo del nome “Ferrania”, derivato dalla località dell’entroterra savonese dove sorgevano gli stabilimenti produttivi.
Gli anni ’30 rappresentarono un periodo di costante crescita per l’azienda. Il numero dei dipendenti raggiunse circa 500 unità, e lo stabilimento, che occupava ormai una superficie di circa 90.000 metri quadrati, divenne un emblema della capacità industriale italiana nel settore dei materiali fotosensibili. La gamma di prodotti continuò ad ampliarsi, rispondendo alle esigenze di un mercato sempre più diversificato e tecnicamente esigente.
Un ulteriore passo verso la diversificazione e l’innovazione fu compiuto nel 1936, quando ebbe inizio la produzione di pellicola per infrarosso, una tecnologia all’avanguardia che apriva nuove prospettive nel campo della fotografia scientifica, militare e artistica. Nello stesso periodo, presso lo stabilimento di Milano, venne avviata anche la produzione di apparecchi fotografici, segnando l’ingresso dell’azienda nel settore delle attrezzature fotografiche.
Nel 1938 la ragione sociale venne ufficialmente cambiata in “Ferrania“, un nome che sarebbe diventato sinonimo di eccellenza nell’industria fotografica e cinematografica italiana e che avrebbe rappresentato uno dei marchi più riconoscibili nel panorama fotografico europeo. Questa transizione non fu solo un cambio di denominazione, ma rifletteva una nuova identità aziendale, più forte e autonoma, pronta ad affrontare le sfide del mercato internazionale.
La seconda metà degli anni ’30 vide anche importanti sviluppi nella tecnologia del colore. Mentre aziende come Kodak e Agfa introducevano le prime pellicole a colori commercialmente valide (rispettivamente Kodachrome nel 1935 e Agfacolor nel 1936), Ferrania iniziava a sviluppare le proprie ricerche in questo campo, preparando il terreno per le innovazioni che avrebbero caratterizzato il dopoguerra.
Lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale nel 1939 interruppe parzialmente questo percorso di crescita. Durante il conflitto, la produzione industriale subì inevitabili contraccolpi, e parte degli impianti venne riconvertita per rispondere alle esigenze belliche. Nonostante ciò, l’azienda riuscì a mantenere una certa continuità produttiva, consolidando le competenze tecniche e scientifiche che sarebbero state fondamentali per il suo rilancio nel dopoguerra.
L’innovazione nel secondo dopoguerra (1945-1960)
Il periodo successivo alla Seconda Guerra Mondiale rappresentò una fase di profonda rinascita per la Ferrania. Dopo gli anni difficili del conflitto, durante i quali fu comunque realizzato un impianto per la produzione di nitrato d’argento (componente essenziale per l’emulsione fotografica), l’azienda riprese con rinnovato vigore le attività produttive. Gli stabilimenti, che fortunatamente non avevano subito gravi danni durante i bombardamenti, furono rapidamente riorganizzati per rispondere alle nuove esigenze del mercato del dopoguerra.
Il 1947 segnò una pietra miliare nella storia dell’azienda con il lancio della pellicola Ferraniacolor, il primo supporto europeo a colori basato su un processo di sviluppo proprio e non su licenze straniere. Questo risultato straordinario dimostrava la capacità di Ferrania di innovare autonomamente e di competere tecnologicamente con i colossi internazionali come Kodak e Agfa. La pellicola Ferraniacolor, inizialmente disponibile in formato 35 mm per diapositive, era basata su un sistema sottrattivo a tre strati sensibili, ciascuno dei quali conteneva un accoppiatore di colore che, durante lo sviluppo, generava il colorante complementare al colore a cui lo strato era sensibile.
La peculiarità tecnica del Ferraniacolor risiedeva nella sua resa cromatica distintiva, caratterizzata da rossi particolarmente vibranti e da una saturazione generale elevata, che la distingueva dalle pellicole della concorrenza. Questo “look” caratteristico sarebbe diventato un tratto distintivo delle immagini realizzate con i materiali Ferrania, particolarmente apprezzato in ambito artistico e cinematografico.
Nel 1949 la gamma produttiva si arricchì ulteriormente con l’introduzione di un nuovo supporto negativo per il cinema, denominato Cine C7. Questo materiale, caratterizzato da una maggiore sensibilità e da una grana più fine rispetto ai prodotti precedenti, rispondeva alle crescenti esigenze qualitative dell’industria cinematografica italiana, che in quegli anni stava vivendo il periodo d’oro del Neorealismo. Registi come Roberto Rossellini, Vittorio De Sica e Luchino Visconti utilizzarono pellicole Ferrania per alcune delle loro opere più significative, contribuendo a diffondere la reputazione dell’azienda italiana nel panorama cinematografico internazionale.
Parallelamente alla produzione di materiali fotosensibili, la Ferrania continuò a sviluppare la linea di fotocamere iniziata negli anni ’30. Nel dopoguerra, l’azienda produsse diversi modelli di macchine fotografiche sia per pellicola 35 mm che per pellicola in rullo 120, rivolgendosi principalmente al mercato amatoriale ma offrendo anche soluzioni di qualità per professionisti. Tra i modelli più celebri figura la Condor I, una fotocamera pieghevole per formato 6×9 cm, caratterizzata da un obiettivo Ferrania Stenar 1:4.5/105mm di eccellente qualità ottica. Altre fotocamere popolari includevano la serie Elioflex, reflex biottica per formato 6×6 cm, e la linea Lince, compatte a telemetro per pellicola 35 mm.
La capacità di diversificare la propria produzione non riguardava solo il settore delle pellicole e delle fotocamere, ma comprendeva anche la realizzazione di accessori, chimica fotografica e materiali per il trattamento dei supporti fotosensibili. Ferrania produceva una vasta gamma di sviluppi, fissaggi, indebolitori e altre soluzioni chimiche per il laboratorio fotografico, garantendo un sistema completo che copriva l’intero processo fotografico dalla ripresa alla stampa finale.
Negli anni ’50, l’azienda continuò a innovare nel campo delle emulsioni fotografiche, introducendo pellicole in bianco e nero con sensibilità sempre più elevate e grana sempre più fine. La serie P30, in particolare, divenne un punto di riferimento per i fotografi professionisti grazie alla sua eccezionale capacità di registrazione dei dettagli e alla sua estesa gamma tonale. Sul fronte del colore, le pellicole invertibili Ferraniacolor furono perfezionate con l’introduzione di nuove formulazioni che ne miglioravano la stabilità e la fedeltà cromatica.
Un aspetto significativo dell’attività di Ferrania in questo periodo fu il potenziamento del reparto di ricerca e sviluppo, che arrivò a impiegare decine di chimici, fisici e ingegneri dedicati all’innovazione dei materiali fotosensibili. Questo investimento nella ricerca permise all’azienda di depositare numerosi brevetti e di sviluppare soluzioni tecniche originali che ne rafforzarono la posizione competitiva nel mercato globale.
Durante gli anni ’50, Ferrania consolidò anche la sua presenza commerciale a livello internazionale, stabilendo reti di distribuzione in Europa, nelle Americhe e in parte dell’Asia. I prodotti italiani si distinsero non solo per la qualità tecnica, ma anche per un design caratteristico e riconoscibile, con packaging colorati e grafiche accattivanti che contribuirono a costruire un’identità di marca forte e distintiva.
La crescita dell’azienda in questo periodo fu tale che alla fine degli anni ’50 gli stabilimenti di Ferrania occupavano oltre 1.500 dipendenti, rappresentando una delle più significative realtà industriali della Liguria e un punto di riferimento per l’industria fotografica europea. La produzione si attestava su volumi considerevoli, con milioni di metri di pellicola cinematografica e milioni di rullini fotografici prodotti annualmente, destati sia al mercato italiano che all’esportazione.
La seconda metà degli anni ’50 vide anche l’emergere di nuove sfide competitive. L’industria fotografica mondiale stava entrando in una fase di progressiva concentrazione, con i grandi gruppi multinazionali che acquisivano quote di mercato sempre maggiori grazie a economie di scala e a massici investimenti in ricerca e marketing. In questo contesto, mantenere l’indipendenza e la competitività diventava sempre più difficile per un’azienda di dimensioni intermedie come Ferrania, pur con tutta la sua eccellenza tecnica e produttiva.
L’era 3M e la competizione globale (1960-oggi)
Gli anni ’60 segnarono un nuovo capitolo fondamentale nella storia di Ferrania. Nel 1964 avvenne un passaggio decisivo: il pacchetto azionario controllato da IFI-Fiat fu ceduto al gruppo americano 3M (Minnesota Mining and Manufacturing Company), con sede a St. Paul, Minnesota. Questa acquisizione diede vita alla Ferrania-3M, segnando l’ingresso dell’azienda italiana in una dimensione realmente multinazionale. L’integrazione in un gruppo leader mondiale nel settore dei materiali tecnologici offriva nuove possibilità di sviluppo, accesso a capitali per investimenti e sinergie con le altre divisioni del gruppo americano.
Sotto la nuova proprietà, Ferrania mantenne una notevole autonomia operativa, continuando a sviluppare prodotti con caratteristiche distintive e a conservare la propria identità tecnica. Gli stabilimenti liguri furono modernizzati e ampliati, con l’introduzione di linee produttive automatizzate che consentivano un maggiore controllo qualitativo e una più elevata produttività. Il numero di dipendenti continuò a crescere, superando le 2.000 unità negli anni di picco, a dimostrazione dell’importanza strategica che la 3M attribuiva alla controllata italiana.
Gli anni ’60 e ’70 furono caratterizzati da un’intensa attività di ricerca e sviluppo nel campo delle emulsioni fotografiche. Ferrania-3M migliorò costantemente le proprie pellicole invertibili a colori, introducendo nuove formule con maggiore sensibilità e migliore resa cromatica. Particolarmente significativa fu l’evoluzione della gamma Ferraniacolor, che si arricchì di nuove varianti ottimizzate per differenti condizioni di illuminazione e per specifiche applicazioni tecniche.
Nel campo delle pellicole in bianco e nero, l’azienda continuò a produrre materiali di alta qualità, come la serie P30 per i professionisti e la P33 per gli amatori, caratterizzate da un’eccellente risoluzione e da un’ampia latitudine di posa. Questi prodotti permettevano ai fotografi di operare in condizioni di illuminazione anche difficili, garantendo comunque risultati di qualità professionale.
Un ambito in cui Ferrania-3M si distinse particolarmente fu quello dei materiali per la fotografia scientifica e industriale. L’azienda sviluppò emulsioni speciali per la fotomicrografia, la radiografia industriale, la fotografia astronomica e altre applicazioni tecniche che richiedevano caratteristiche particolari in termini di risoluzione, contrasto o sensibilità spettrale. Questi prodotti di nicchia, pur rappresentando volumi relativamente contenuti, garantivano margini elevati e consolidavano la reputazione dell’azienda come produttore di materiali fotografici di alta specializzazione.
Gli anni ’70 videro anche un significativo sviluppo delle pellicole cinematografiche Ferrania, con l’introduzione di emulsioni a colori negative di nuova generazione, caratterizzate da una maggiore sensibilità e da una resa cromatica più naturale. Questi materiali trovarono impiego sia nelle produzioni cinematografiche italiane che in quelle internazionali, contribuendo alla realizzazione di numerose opere del cinema europeo del periodo.
Un momento particolarmente significativo nella storia tecnica di Ferrania si verificò nel 1981, con il lancio della pellicola invertibile a colori da 640 ASA, la più sensibile mai realizzata fino a quel momento a livello mondiale. Questo risultato straordinario dimostrava la capacità dell’azienda di mantenere una posizione di avanguardia nella ricerca sui materiali fotosensibili, competendo alla pari con colossi come Kodak e Fuji. La pellicola ad alta sensibilità permetteva di fotografare in condizioni di scarsa illuminazione senza l’uso del flash, aprendo nuove possibilità creative ai fotografi e consentendo riprese precedentemente impensabili.
Negli anni ’80, la strategia commerciale di 3M portò all’introduzione di nuove linee di pellicole a colori con il marchio Scotch, affiancando i prodotti tradizionalmente commercializzati con il nome Ferrania. Questa decisione rispondeva a logiche di marketing globale del gruppo americano, che intendeva sfruttare la notorietà del proprio marchio principale anche nel settore fotografico. Nonostante ciò, molti prodotti continuarono a essere commercializzati con il marchio storico italiano, mantenendo viva la tradizione Ferrania soprattutto nel mercato europeo.
Gli anni ’90 portarono nuove sfide per l’industria fotografica tradizionale, con l’emergere delle prime tecnologie digitali che iniziavano a minacciare il dominio della pellicola. In questo contesto, Ferrania-3M continuò a investire nell’innovazione delle emulsioni tradizionali, lanciando nuove linee di prodotti come la serie Solaris™, pellicole negative a colori caratterizzate da un’elevata saturazione e da una buona latitudine di posa, ideali per la fotografia amatoriale ma apprezzate anche da professionisti per la loro resa cromatica distintiva.
Parallelamente, l’azienda iniziò a esplorare le possibilità offerte dalle nuove tecnologie, sviluppando materiali ibridi che potevano trovare applicazione anche nel contesto della fotografia digitale in espansione. Un esempio significativo fu la produzione di pellicole ottimizzate per essere scansionate, con caratteristiche di contrasto e gamma cromatica specificamente studiate per la conversione in formato digitale.
La crescente diffusione delle fotocamere digitali nel primo decennio del 2000 mise però l’intero settore della pellicola fotografica in una posizione sempre più difficile. I volumi di vendita dei materiali fotosensibili tradizionali iniziarono a contrarsi drasticamente, costringendo tutti i produttori, inclusa Ferrania-3M, a riconsiderare le proprie strategie industriali e commerciali.
Nel 2009, a seguito della crisi del mercato delle pellicole fotografiche tradizionali, gli stabilimenti produttivi di Ferrania furono progressivamente ridimensionati, con la cessazione della produzione di molte linee storiche. Nonostante questa contrazione, la storia dell’azienda non si è conclusa definitivamente. Nel 2013 è nato il progetto FILM Ferrania, un’iniziativa che mira a recuperare parte del patrimonio tecnico e produttivo dell’azienda storica, concentrandosi sulla produzione di pellicole fotografiche e cinematografiche per un mercato di nicchia in crescita, composto da appassionati e professionisti che continuano a preferire il supporto analogico per le sue caratteristiche estetiche uniche.
Questo progetto rappresenta un esempio interessante di come la tradizione tecnica e l’eredità industriale di un’azienda storica possano essere rivitalizzate in un contesto contemporaneo, rispondendo alla rinnovata domanda di materiali fotografici tradizionali che si è manifestata negli ultimi anni tra i fotografi più giovani, attratti dalle qualità distintive della pellicola fotografica.
Articolo aggiornato in data 31/03/2025