La fotografia di prodotto (o product photography) nasce come bisogno commerciale nel momento in cui le imprese, i commercianti e le manifatture cominciano a capire che mostrare visivamente i propri beni con immagini realistiche può influire direttamente sulle vendite. Le origini risalgono quasi agli albori della fotografia: già a metà dell’Ottocento si utilizzavano immagini fotografiche per cataloghi, manifesti, riviste e talvolta cartoline illustrate per promuovere merci.
Nel XIX secolo, con l’avvento della dagherrotipia (daguerreotype, 1839) e del calotipo/talbotype poco dopo, la fotografia iniziò a diffondersi come alternativa più “reale” alle incisioni, soprattutto per oggetti di lusso, orologeria, gioielleria, mobili. Le prime fotografie di prodotto erano molto limitate dal punto di vista tecnico: esposizione molto lunga, sensibilità delle emulsioni bassa, sfondi rudimentali, luci naturali o lampade a gas, spesso con ombre dure, attrezzature ingombranti.
Con l’introduzione del collodio umido (wet plate collodion, a partire circa dagli anni 1850-1860), divennero possibili negativi su lastra di vetro con dettagli più elevati, nitidezza migliore. Ciò permise di ottenere immagini più accurate di superfici, ornamenti, texture. La stampa su carta albuminica divenne comune per i cataloghi illustrati; le stampe erano spesso incollate su supporti rigidi, montate in cornici, oppure riprodotte mediante tecniche di fotoincisione per la stampa industriale.
Verso la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento il contesto industriale e la comunicazione commerciale richiedono immagini in serie, invio di campionari fotografici, scatole litografiche, cataloghi postali. Le industrie tessili, mobili, articoli di metallo, strumenti musicali, case automobilistiche iniziano ad affidarsi a studi fotografici specializzati.
Nel primo Novecento, parallelamente allo sviluppo della fotografia artistica, emergono anche stili compositivi nella fotografia commerciale: la luce studiata, l’inquadratura frontale, talvolta ambientata (il prodotto nel suo uso), ma più spesso isolata su fondi neutri. L’illuminazione naturale diffusa cominciò ad essere affiancata da lampade a incandescenza, poi con lampade al tungsteno, riflettori, diffusori rudimentali per gestire ombre. Le ottiche utilizzate erano obiettivi a focale standard (normali), medio‐telefoto per isolare il soggetto, grandangolari solo raramente, perché tendevano a deformare la prospettiva degli oggetti.
Tra le innovazioni tecniche importanti: la fotocamera a lastre grande formato, per via della sua capacità di dettaglio; le lenti di alta qualità, con correzioni per aberrazioni sferiche e cromatiche; le stampe su carta con trattamento chimico per stabilità; infine, la messa a punto di protocolli di posa, di composizione, uso di cavalletti per eliminare vibrazione, studio delle luci naturali in funzione del momento del giorno.
Un fatto critico è l’aspetto della riproduzione fedelmente rappresentativa: colore, texture, ombre, lucidi e riflessi devono essere il più possibile veritieri, perché l’utente finale (cliente, interlocutore commerciale) desidera sapere com’è il prodotto. Tuttavia, in epoca pre-colore, il bianco e nero imponeva limiti: separazione tonale, gestione contrasto, resa di superfici lucide o trasparenti era complessa.
Le mostre, le fiere universali, i cataloghi postali, le riviste illustravano oggetti; fotografi come quelli impegnati con le manifatture (per moda, arredamento, gioielli) sperimentavano pose, set, illuminazione specifica, ma spesso in regime analogico, con tempi di produzione lunghi, costi elevati per lastre, materiali, stampa, spedizione.
Durante quel periodo, anche la sensibilità dell’emulsione migliorò gradualmente: emulsioni gelatino-bromuro o gelatino-argentico più sensibili alla luce contribuivano a ridurre i tempi di posa, permettendo luci più controllate, uso di riflettori o specchi per schiarire ombre. La crescente standardizzazione nei cataloghi richiese immagini uniformi tra lotti di prodotto, tra fotografie differenti, tra pagine diverse: ciò portò alla definizione di regole formali già da allora: sfondo uniforme, illuminazione coerente, posa del prodotto stabile, distanza fissa della fotocamera, uso di cavalletto, controllo della prospettiva.
All’inizio del XX secolo la stampa tipografica e litografica migliorano anch’esse: le fotografie possono essere riprodotte su carta stampata con qualità decente, diventano pubblicitarie. Si affermano gli studi fotografici nelle grandi città, assunzione di fotografi specializzati per fotografia commerciale. Emergere di standard per cataloghi, packaging, pubblicità su riviste.
Un passaggio fondamentale è il progresso verso pellicole sensibili più veloci, lampade elettriche da studio, flash statici e mobili. Negli anni ’20-’30 e oltre, importanti produttori di illuminazione nascono per rispondere a queste esigenze: realizzazione di flash studio, diffusori, softbox primordiali, pannelli riflettenti.
In questo periodo la fotografia di prodotto è ancora fortemente analogica, dominata da strumenti che richiedono lunga preparazione, alta competenza tecnica: chimica, ottica, illuminotecnica. Ma le basi del linguaggio visivo (inquadratura, luce, texture, resa fedele) sono già nettamente definite.
Innovazioni del dopoguerra e trasformazione tecnica (metà XX secolo)
Dopo la Seconda guerra mondiale, in occidente come nei paesi industrializzati, si avverte una forte espansione dei consumi e della pubblicità. Ciò ha generato una crescente domanda di immagini di prodotto più rapide da produrre, più varie, più accattivanti. Tecnologie, strumenti e processi si evolvono rapidamente per rispondere a questa domanda.
Un elemento centrale è il miglioramento delle pellicole colore. Aziende quali Kodak, Fuji, Agfa, tra le altre, sviluppano emulsioni cromatiche con resa più stabile, grana minore, colori più saturi, caratteristiche di bilanciamento della luce (tungsteno, luce diurna). Ciò permette che oggetti con superfici tinte, brillanti o multicolori vengano fotografati con maggiore fedeltà.
Le fotocamere a grande e medio formato rimangono uno standard nelle produzioni di alta fascia: infatti la maggiore dimensione del negativo (o pellicola) consente maggiore risoluzione, migliore separazione tonale, riduzione del rumore nella stampa. Inoltre, l’uso di ottiche di alta qualità, spesso con vetri speciali per correggere aberrazioni sferiche e cromatiche, con diaframmi precisi e coprenti, permette ottenere profondità di campo che vanno dall’intero oggetto a dettagli selettivi piuttosto che tutto a fuoco se si desidera isolare parti specifiche.
Si diffondono nel mondo dello studio le sorgenti di luce di tipo flash da studio (strobe), che consentono di congelare il momento, di controllare l’illuminazione in modo preciso, sincronizzando l’apertura otturatore, tempo di flash, utilizzare modificatori (softbox, ombrelli, riflettori, bandiere – flags) per modulare durezza della luce, riflessioni, transizioni ombra-luce. L’illuminazione continua, sebbene presente, è spesso limitata per via della potenza necessaria e della resa in termini di calore e consumo.
Negli anni ’50-’60 il design e la composizione visiva diventano più sofisticati: si cresce l’interesse per la “fotografia glamour” anche in prodotti, con set curati, uso di stilisti, decorazioni, ambientazioni (per i prodotti moda, cosmetici, arredamento). Le immagini non sono più solo “documentative”, ma aspirazionali. Il layout delle pubblicità richiede che il prodotto “parli” di eleganza, lusso, stile, non solo funzionalità.
Sull’aspetto tecnico, sorgono sistemi stabilizzati di misurazione della luce: esposimetri interni, metering TTL (Through The Lens), fotometri spot, misuratori esterni, uso di filtri per correggere la dominante colore, per evitare dominanti di colore indesiderate provocate da lampade tipo tungsteno, fluorescenza o spettro discontinuo. I fondali fotostudio diventano più sofisticati: fondi seamless, tendaggi, superfici riflettenti o specchiate per riflessi controllati, trasparenze come vetro, plastica trasparente, gelatine o pellicole.
Per oggetti riflettenti (gioielli, vetro, metalli), emergono tecniche speciali: tent light (tunnel di diffusione), uso di polarizzazione delle lenti o filtri polarizzatori per eliminare riflessi indesiderati, superfici specchiate per riflessi di contorno, uso di bandiere nere per controllare i valori di nero o delineare forma.
Anche le tecniche di composizione e prospettiva: uso di camera inclinata, di banco ottico, movimento di decentramento o basculaggio per correggere distorsioni prospettiche nei prodotti architettonici o grandi oggetti. Nella fotografia still life “artistica” di prodotto, prospettive creative comparate a quelle più documentarie.
Dal punto di vista operativo, i costi scendono gradualmente. Studi fotografici ben attrezzati, attrezzature semi-industrializzate, staff con assistenti, uso di laboratori per stampa colore di qualità, sviluppo chimico, retino, correzione colore manuale, fotocomposizione analogica. I cataloghi diventano strumenti centrali nella commercializzazione di massa: stampa offset, litografia, uso di immagini fotografiche nei cartelloni e nei dépliant.
Un’altra innovazione tecnica è la ripresa multicamera o multiangolo, affiancamento di viste differenti di un medesimo oggetto (frontale, laterale, vista dall’alto, dettaglio macro). Ciò richiede non solo capacità tecnica ma anche metodologie per garantire coerenza: gli stessi set, stesse luci, stesse condizioni cromatiche, stesse distanze e prospettive.
Alla metà-fine del XX secolo, anche la fotografia a teleobiettivo diventa più comune per isolare il soggetto dallo sfondo con compressione prospettica, utile nei cataloghi dove il prodotto è isolato; così come l’interesse per l’uso di illuminazione mista: luce naturale controllata + flash, riflettori, diffusori, pannelli UV, ecc.
La standardizzazione per l’e-commerce nascente, già verso gli ultimi decenni del XX secolo, richiede format rigidamente ripetibili: angolo di ripresa, dimensioni dell’immagine, qualità della stampa, coerenza colore fra tutte le immagini di un catalogo.
Caratteristiche tecniche tipiche della fotografia di prodotto
Questo capitolo analizza in modo dettagliato i parametri tecnici, le attrezzature, i materiali, i processi, le scelte formali che definiscono la fotografia di prodotto, specialmente in produzione professionale, commerciale, pubblicitaria.
Fotocamere, obiettivi e formati
La qualità dell’immagine è spesso determinata dalla dimensione e qualità del sensore o del negativo. Le fotocamere a grande formato (negativi o sensori di dimensioni superiori) offrono maggior dettaglio, minor grana, migliore capacità di stampa a grande scala. In era analogica, i negativi 4×5”, 8×10” o più erano usati per poster, stampe di cataloghi e materiali promozionali grandi. In digitale, medio formato (sensori 44×33 mm, 50 MP e oltre) permette riproduzione con qualità alta anche su superfici grandi, mantenendo dettaglio, nitidezza e resa cromatica.
Gli obiettivi sono scelti in base al prodotto: macro per dettagli minuti, obiettivi normali o medio-tele per oggetti isolati; grandangolari con cautela per evitare distorsione prospettica. Le lenti devono correggere aberrazioni ottiche: sferiche e cromatiche, incurvatura di campo, coma se necessario, contrasto, risoluzione al bordo. Diaframmi spesso medi-aperti (f/8-f/11) per equilibrio tra profondità di campo e nitidezza; se si vuole che tutto l’oggetto sia perfettamente a fuoco, si può ricorrere a focus stacking (più scatti a fuoco differente fusi in post-produzione).
Illuminazione
La gestione della luce è il cuore della fotografia di prodotto. Le caratteristiche chiave comprendono la durezza/mollezza della luce, la direzione, la qualità cromatica, la consistenza tra scatti, la gestione dei riflessi, delle ombre, delle trasparenze.
Tipi di sorgenti: flash da studio (strobes), luci continue (tungsteno, LED), luce naturale controllata, ibridi. Flash da studio permettono tempi di esposizione brevissimi, controllo rigoroso del momento di emissione; le luci continue permettono una visione immediata della scena, utile per verifica compositiva, ma richiedono potenza elevata per evitare rumore o compromessi su tempi d’otturatore.
Modificatori della luce sono fondamentali: softbox, ombrelli, diffusori, pannelli riflettenti, bandiere (flags) per bloccare o modellare la luce, gobos per pattern, riflettori. Un softbox grande produce luce morbida, ombre morbide; un riflettore rigido o bandiera nera disegna i contorni, separazione soggetto-sfondo. Per oggetti con superfici riflettenti o trasparenti occorre attenzione: l’uso di polarizzatori (nel vetro o come filtro sull’obiettivo), schermature, controllo del flare, uso di superfici nere o scure attorno per evidenziare contorno, riflessi speculari controllati.
La legge dell’inverso del quadrato (light fall-off) è importante: avvicinando o allontanando la luce dal prodotto si modifica intensità, contrasto, ombre. La distanza delle luci, apertura del diaframma, tempo di esposizione devono essere coordinati. Spesso si lavora con tempo di scatto che evita vibrazione (cavalletto), con ISO il più basso possibile per minimizzare rumore (analogamente, pellicola a grana fine).
Soluzioni per materiali, superfici complesse e riflettività
Quando il prodotto ha superfici complesse (vetri, metalli lucidi, plastiche trasparenti, elementi riflettenti), le difficoltà aumentano. La riflessione speculare può rendere visibili fonti di luce, operatori, attrezzatura. Le soluzioni includono: schermi diffusori su luci, tent light (piccolo tunnel di diffusione che avvolge il prodotto), riflessioni controllate con specchi o superfici riflettenti opportunamente nascoste, utilizzo di filtri polarizzatori per eliminare riflessi indesiderati.
Per i trasparenti, spesso si illumina anche lo sfondo o un pannello dietro il prodotto per separarlo visivamente, dare contrasto di contesto, evidenziare contorni. Occorre bilanciare esposizione del prodotto e dello sfondo per evitare “bruciature” o tagli tonali.
Composizione, prospettiva e stile visivo
L’angolo di ripresa viene scelto in base al tipo di prodotto: vista frontale comune, vista dall’alto (top-down) per oggetti piatti o multipli (cibo, gioielli, articoli di scrivania), vista laterale per profilare, vista obliqua per dare tridimensionalità. Se si vogliono mostrare diverse facce del prodotto, spesso si fanno più scatti da angoli differenti o uno scatto con rotazione (immagine 360°).
La prospettiva dev’essere corretta: evitare distorsioni prospettiche quando oggetto rettilineo (scatole, edilizia, mobile) tramite ottiche corrette o movimenti di banco ottico. Profondità di campo scelta con l’obiettivo di avere tutto il prodotto a fuoco oppure parte selezionata che emerga.
Lo stile visivo può variare: stile neutro, stile minimalista su sfondo bianco per e-commerce; stile glossy se vuole lussuoso; stile lifestyle se inserito in un contesto d’uso; dettaglio macro per texture o componenti. Ma anche nei contesti lifestyle, le fondamenta tecniche restano: coerenza cromatica, pulizia dell’immagine, nitidezza, gestione accurata delle luci e delle ombre.
Colore, resa, post-produzione
Il bilanciamento colore è cruciale: temperatura colore della luce (Kelvin) deve essere nota e costante, uso di filtri correttivi, uso di standard colore (grey card, carta grigia, carta bianca), misurazione con esposimetro dalla scena. Nell’analogico, uso di filtri sulla luce o sulla pellicola; nel digitale, tarature in camera, moc walk-white balance manuale, profili colore, uso software per correzione colore.
Il formato RAW è fondamentale nel digitale per mantenere gamma dinamica, dati tonali, possibilità di correggere senza perdita. Post-produzione include scontorno, pulizia di polvere/graffi, ritocco di difetti, fusione di esposizioni per alte luci o ombre, focus stacking se necessario, correzione prospettica, sharpening selettivo, controllo del rumore. Inoltre composizione digitale se occorre inserire riflessi o ombre artificiali.
Standardizzazione e workflow
Per progetti commerciali, e in particolare per cataloghi, e-commerce, packaging, campagne pubblicitarie, è essenziale che le immagini siano coerenti: lo stesso set, le stesse condizioni cromatiche, lo stesso stile di luce, stesse proporzioni, risoluzione, proporzioni dell’inquadratura, margini. Spesso si usa tethering (fotocamera collegata a computer o tablet) per visualizzare immediatamente i risultati e regolarli sul monitor calibrato.
Si definiscono parametri fissi: distanza fotocamera-prodotto, focale, apertura, ISO, tempi, tipo di fondo, luci, modificatori. Si crea un profilo produttivo: set up iniziale, test shot, controllo qualità, ripresa definitiva, post-produzione, consegna nei diversi formati (stampa, web).
Innovazioni digitali, e-commerce, immagini 360°, automazione
Dal tardo XX secolo in poi la fotografia di prodotto subisce una rivoluzione con la digitalizzazione, l’espansione del commercio elettronico, la richiesta di velocità, la varietà di formati, la multicanalità (stampa, web, social media).
Dal negativo al sensore digitale
Il passaggio dal negativo analogico al sensore digitale ha cambiato radicalmente i tempi di produzione, la flessibilità, la possibilità di correzione in post. I sensori CCD e successivamente CMOS hanno permesso di scattare con sensibilità elevate, di controllare il rumore, di vedere immediatamente il risultato. Alta risoluzione, gamma dinamica elevata, profondità del colore: tutti elementi fondamentali per la fotografia di prodotto contemporanea.
Nel digitale si perde meno dettaglio per effetto della riproduzione, si gestiscono meglio alte luci e ombre, si può scattare HDR, si fondono esposizioni se necessario, ci sono strumenti software che aiutano nella correzione prospettica e nella distorsione dell’obiettivo.
Il boom dell’e-commerce e standard visuali
L’e-commerce impone standard rigidi: immagini su fondo bianco (o un colore uniforme neutro), viste multiple (frontale, laterale, dettaglio, uso), dimensioni minime e massime di pixel, formati file e compressione ottimale per web senza perdita apprezzabile, ottimizzazione SEO dall’immagine (nome file, alt-text, dimensioni). Il consumatore online non può toccare il prodotto, quindi ha bisogno che l’immagine comunichi forma, colore, texture, scala dimensionale.
Si diffondono packshots, fotografica di catalogo, immagini scontornate, compositing digitale. Nasce anche la fotografia a 360° dove più immagini scattate da angoli progressivi vengono assemblate per una rotazione visiva del prodotto.
Automazione, set motorizzati, turntable, plug-and-play
Per grandi volumi (negozi online, marketplace, aziende di produzione), diventano cruciali strumenti che automatizzano parte del processo: piattaforme motorizzate che ruotano il prodotto per le immagini multiple o 360°, set luminosi già predisposti, light tents (tensostrutture di diffusione) che permettono sfondi omogenei, sistemi LED programmabili, controlli remoti, trigger wireless per flash, controllo remoto dell’esposizione e del focus.
Software, post-produzione digitale, realtà aumentata e virtualizzazione
Software di editing come Photoshop, Lightroom, Capture One diventano strumenti indispensabili per la pulizia, la resa cromatica, il compositing, la correzione prospettica, il focus stacking. L’elaborazione digitale consente di rimuovere imperfezioni, uniformare lo sfondo, aggiungere riflessi realistici, generare mockups virtuali.
In tempi recenti, la realtà aumentata (AR) e la visualizzazione 3D permettono al potenziale cliente di vedere il prodotto “in situ”, ruotarlo e vederlo da vari angoli. Anche la fotografia di prodotto si integra con la scansione 3D, il rendering, il compositing foto-3D.
Nuove risposte per la coerenza visiva e la produzione su larga scala
Grandi brand e marketplace richiedono che le immagini siano coerenti tra centinaia o migliaia di articoli. Ciò significa che i flussi di lavoro devono essere altamente standardizzati: ambienti semplificati di set-fotografico, regolazioni cromatiche calibrate, uso di preset, profili ICC per stampa e web, controllo della resa su differenti dispositivi (monitor, smartphone, stampa). Il tethered shooting è usato per verificare in tempo reale su monitor calibrati; si usano test di uscita (stampa prova, sample web) prima della produzione finale in massa.
Criticità tecniche e sfide operative
Questo capitolo affronta i problemi tecnici che sorgono nella pratica professionale, e come sono stati affrontati storicamente e oggi, con soluzioni concrete.
Riflessi, trasparenze e materiali difficili
Oggetti dotati di superfici lucide, specchianti, trasparenti (vetro, metacrilato, metalli lucidi), plastica lucida, superfici verniciate o smaltate creano riflessi indesiderati, hot-spot, flare. Il fotografo deve individuare come controllare la luce: quale angolazione usare, quale modifica usare (diffusione, softbox, pannello translucido), come schermare fonti di luce indesiderate, usare filtri polarizzatori sul soggetto o sull’obiettivo.
Per trasparenze è spesso necessario illuminarle anche “da dietro” con pannelli luminosi per dare contorno, oppure retroilluminare lo sfondo per distinguerle. Il controllo della dominante colore attraverso la luce rifratta o trasmessa è anch’esso importante.
Uniformità colore e compatibilità tra media
Un’immagine che verrà usata online, in stampa, su catalogo e su packaging può apparire molto diversa in ciascun supporto se non si cura la gestione colore. Monitor calibrati, profili colore, prove di stampa, standard di output (sRGB, Adobe RGB, CMYK per stampa) diventano obbligatori quando la fotografia di prodotto ha scale grandi.
Domande che sorgono: che spazio colore usare? Quale compressione per il web senza degradare troppo? Come evitare dominanti cromatiche dovute a picchi di riflessione o luce ambientale non controllata? Anche la resa sulla pelle se il prodotto è abbigliamento, moda, accessori deve considerare il tono colore: luce corretta, bilanciamento bianco, riflessi su materiali che cambiano colore in funzione della luce.
Profondità di campo, messa a fuoco, nitidezza
Particolarmente nei prodotti piccoli o con parti ravvicinate, la profondità di campo può essere insufficiente con aperture che garantiscono nitidezza. Soluzioni: diaframmi piccoli (ma attenzione alla diffrazione), uso di ottiche macro di alta qualità, uso di focus stacking (scatti multipli su piani focali diversi fusi in post); uso di cavalletto robusto, stabilizzazione, motori di micrometria per messa a fuoco fine; uso di live view per ingrandire e mettere a fuoco manualmente; testing preliminare per definire l’apertura ottimale che bilancia nitidezza/luminosità/velocità.
Controllo delle ombre, dello sfondo e della composizione
Ombre dure o strane possono distrarre; sfondi non omogenei o pieghe possono ridurre la percezione di qualità. L’uso di fondali seamless, superfici curve per eliminare angoli, superfici riflettenti per contorni, tendaggi o pannelli per isolare il prodotto. La composizione va pensata per mostrare le parti più importanti, evitare distorsioni, dare un senso di scala (illustrare dimensioni con un oggetto di riferimento se necessario).
Costi, tempo, produzione su larga scala
La fotografia di prodotto richiede investimenti in attrezzature, spazio, personale, post-produzione. Per produzioni su larga scala, tempi di ripresa, tempi di elaborazione, numero di revisioni, spesso diventano critici. Si devono minimizzare errori che rendono inutili gli scatti: errori cromatici, messa a fuoco sbagliata, composizione incoerente. Si prevedono prove, test shot, workflow con feedback, controllo qualità. Stabilire parametri di produzione prima di iniziare, fare prove campione, creare checklist tecniche.
Conservazione dei formati digitali e archiviazione
Le immagini devono essere archiviate in formati RAW o TIFF per versioni master, versioni di lavoro, versioni web. Bisogna prevedere backup, ridondanza. Importanza dei metadati: descrizioni, dati tecnici del set (obiettivo, apertura, ISO, tempi, tipi di luce, modificatori, distanza fotocamera/prodotto). Documentare tutto ciò aiuta a replicare i risultati e mantenere coerenza in successive sessioni fotografiche anche dopo mesi o anni.
Esempi storici e fotografi significativi nel campo della fotografia di prodotto
Per comprendere come le innovazioni tecniche e le pratiche operative si siano sviluppate, è utile guardare a casi concreti, fotografi o studi che hanno segnato una svolta nella fotografia commerciale e di prodotto.
Studi e fotografi pionieri
Non sempre facile attribuire a una persona la paternità della “fotografia di prodotto” moderna, dato che è un’evoluzione collettiva. Tuttavia alcuni studi di moda, merci di lusso, arredo, gioielleria, si distinsero per qualità tecnica e per estetica che influenzò i canoni successivi. Studi fotografici in Europa (Parigi, Londra, Milano) e negli Stati Uniti (New York, Chicago) che lavoravano con stilisti, arredatori, designer, brand di moda, case editrici commerciali.
Fotografi di still life e di prodotti per la pubblicità che riuscirono a unire tecnica rigorosa e creatività – illuminazione raffinata, composizione innovativa, uso del negativo o del sensore di grande formato, retouche manuale particolarmente accurata – hanno contribuito a definire cosa fosse riconoscibile come “alta qualità” nel settore commerciale.
Esempio: Profoto
Profoto è un’azienda fondata nel 1968 da Conny Dufgran ed Eckhard Heine, con l’obiettivo di creare flash da studio di alta qualità per i fotografi professionisti. L’evoluzione dei prodotti Profoto testimonia come la luce artificiale da studio sia diventata centrale nella fotografia di prodotto: diffusori, parabole, riflettori, lampade da modellazione, generatori di flash, sistemi wireless. Il progresso di questi strumenti ha permesso maggiore potenza, sincronismo, controllo, miniaturizzazione e precisione.
Aziende produttrici di equipaggiamento per studi fotografici
Case che producono fondali, turntable, sistemi di illuminazione, supporti per oggetti, banchi ottici, elementi riflettenti o diffondenti: la loro evoluzione tecnologica ha diretto anche la qualità finale delle immagini. Ad esempio FOBA AG Svizzera produce da decenni equipaggiamento per studi fotografici: treppiedi, sostegni, tavoli, turntable, sistemi di rail per scorrimento della fotocamera. La robustezza meccanica e la precisione dei movimenti sono importanti quando si scattano immagini multiple o lavoro macro.
Anche produttori di luci flash, generatori di potenza, luci LED, modificatori hanno innovato continuamente: maggiore potenza, maggiore stabilità cromatica, resa della luce più pulita, controllo remoto, interfacce digitali.
Evoluzione recente attraverso casi aziendali
Molti brand tech e industriali hanno richiesto fotografi dedicati per le campagne di prodotto: esempi di apparecchi elettronici, unboxing, packaging. Queste immagini hanno spinto verso standard supremo in precisione (rendering colore, dettaglio, nitidezza). Alcune aziende usano immagini CGI (computer-generated imagery) o un mix foto + CGI per prodotti complessi o per renderne produzione più rapida quando il prodotto fisico non è ancora disponibile.
Questioni storiche, estetiche e tecniche connesse
Questo capitolo esplora aspetti meno “macchinici” e più teorico-operativi, che nel corso della storia della fotografia di prodotto hanno condotto a decisioni stilistiche, compromessi tecnici, influenze culturali.
Estetica vs verità del prodotto
C’è sempre tensione tra rendere il prodotto appetibile e rappresentarlo fedelmente. Lucidità, glamour, riflessi, texture enfatizzate possono attrarre, ma rischiano di ingannare: ombre troppo schiarite, colori troppo saturi, riflessi che non sono presenti nel reale. In epoca analogica, ritocco manuale sulle stampe, correzione cromatica, uso di materiali riflettenti o pittura a mano sui riflessi erano praticati. Oggi, con il digitale, il post-produzione può modificare quasi tutto: ciò riduce i vincoli tecnici sul set, ma introduce responsabilità etiche: le immagini devono corrispondere al prodotto al momento della vendita.
Influenza dei costumi culturali e di mercato
Lo stile visivo è anche influenzato dalle aspettative del pubblico. Negli Stati Uniti e in Europa del Nord, per esempio, cataloghi minimalisti, fondi bianchi puliti, luce neutra, chiarezza sono preferiti. In Giappone, moda, packaging e presentazione del prodotto possono richiedere ambientazioni ricche, texture, colori saturi. I trend estetici mutano: negli anni ’70-’80 si privilegiava il glamour, negli anni ’90 la pulizia e il rigore, dagli anni 2000 l’integrazione con il lifestyle e la narrazione visiva.
Riproduzione del reale sotto vincoli tecnici
Spesso le condizioni pratiche impongono compromessi: se il prodotto è grande, pesante, difficile da movimentare; se il budget è basso; se il produttore richiede molte immagini in poco tempo; se il cliente richiede immagini rapidamente consegnate. Ciò può tradursi in uso di equipaggiamento più leggero, luci meno sofisticate, minor numero di scatti, uso di post produzione per “salvare” difetti del set.
Storicamente, la disponibilità di pellicole costose, chimici, spazi da studio, assistenti ha limitato cosa fosse possibile riprodurre. In ambienti meno sviluppati, si usavano soluzioni creative: luci naturali, diffusori improvvisati, sfondi domestici, sviluppo locale, copia fotografica piuttosto che stampa economica.
Standard estetici imposti dai media e dalla pubblicità
Le riviste, i cataloghi, poi la televisione, infine il web hanno imposto formati estetici. La copertina di rivista richiede grande impatto visivo, colori vivaci, immagini che “urghino” l’attenzione, spesso composizioni che mettono il prodotto al centro ma integrato in ambiente suggestivo. Le campagne pubblicitarie richiedevano investimento in stilismo, set design, props, modellisti. Questo spostamento estetico ha fatto sì che la fotografia di prodotto non fosse più solo immagine neutra ma anche elemento di branding, storytelling.
Sono Manuela, autrice e amministratrice del sito web www.storiadellafotografia.com. La mia passione per la fotografia è nata molti anni fa, e da allora ho dedicato la mia vita professionale a esplorare e condividere la sua storia affascinante.
Con una solida formazione accademica in storia dell’arte, ho sviluppato una profonda comprensione delle intersezioni tra fotografia, cultura e società. Credo fermamente che la fotografia non sia solo una forma d’arte, ma anche un potente strumento di comunicazione e un prezioso archivio della nostra memoria collettiva.
La mia esperienza si estende oltre la scrittura; curo mostre fotografiche e pubblico articoli su riviste specializzate. Ho un occhio attento ai dettagli e cerco sempre di contestualizzare le opere fotografiche all’interno delle correnti storiche e sociali.
Attraverso il mio sito, offro una panoramica completa delle tappe fondamentali della fotografia, dai primi esperimenti ottocenteschi alle tecnologie digitali contemporanee. La mia missione è educare e ispirare, sottolineando l’importanza della fotografia come linguaggio universale.
Sono anche una sostenitrice della conservazione della memoria visiva. Ritengo che le immagini abbiano il potere di raccontare storie e preservare momenti significativi. Con un approccio critico e riflessivo, invito i miei lettori a considerare il valore estetico e l’impatto culturale delle fotografie.
Oltre al mio lavoro online, sono autrice di libri dedicati alla fotografia. La mia dedizione a questo campo continua a ispirare coloro che si avvicinano a questa forma d’arte. Il mio obiettivo è presentare la fotografia in modo chiaro e professionale, dimostrando la mia passione e competenza. Cerco di mantenere un equilibrio tra un tono formale e un registro comunicativo accessibile, per coinvolgere un pubblico ampio.


