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Vernak Film Company

La Vernak Film Company emerse sul mercato fotografico nel tardo dopoguerra come marchio secondario di Standard Cameras Ltd., azienda con sede a Birmingham attiva tra il 1931 e il 1955. Pur fondata sulla scia della riconversione industriale postbellica, Vernak rimase un operatore di nicchia, noto principalmente per una fotocamera box in formato 6×9 cm, basata sul design Conway ma con un semplice filtro colore verde integrato.

Il filtro verde, montato su una levetta scorrevole attorno all’obiettivo, non aveva la pretesa di produrre fotografie a colori, ma nella pratica correggeva la resa del cielo e delle nuvole bianco‑azzurre rendendo più naturali i toni, e la riproduzione di pelli e vegetazione . Questa scelta tecnica, già adottata in altri modelli economici del periodo, rappresenta comunque un esempio interessante di come le varianti Vernak siano state pensate per offrire un valore aggiunto agli utenti senza stravolgere la piattaforma originale.

La ragione social‑economica dietro Vernak fu legata alla necessità di differenziare i mercati di prezzo. In un periodo in cui la fotografia amatoriale di massa richiedeva prodotti economici ma con piccoli elementi distintivi, Standard Cameras optò per creare un sub‑brand contraddistinto da un elemento tecnico (il filtro), permettendo di agganciarsi a una fascia leggermente premium, senza dover riprogettare completamente il corpo macchina.

La fotocamera Vernak era fondamentalmente una box camera 6×9 cm su pellicola 120, con corpo in cartone rinforzato e struttura metallica interna . Misurava circa 12 × 8 × 6 cm e pesava attorno ai 400 g. Il cuore era un obiettivo fisso, tipicamente uno menisco singolo con focale tra 85 e 90 mm, diaframma fisso intorno a f/11, scelto per garantire profondità di campo sufficiente agli usi quotidiani senza complicazioni meccaniche.

Il tratto distintivo era il filtro verde scorrevole, un vetro colorato posizionato davanti all’obiettivo, utile nella ripresa di paesaggi. Dal punto di vista tecnico, il filtro attenuava le lunghezze d’onda rosse e blu, migliorando la resa tonale generica e attenuando la dominante blu del cielo, problema comune negli storici roll‑film in bianco e nero.

La fotocamera era dotata di un otturatore a slitta interna preimpostata, con tempi fissi – principalmente 1/50 s e posa B – azionato da una levetta laterale. L’avanzamento della pellicola era manuale, tramite leva esterna, e il contatore avanzava automaticamente. Il dorso era fissato con due clip, consentendo la rimozione rapida solo in condizioni di carico in campo.

A livello di manutenzione, la robustezza meccanica era preminente. Le parti in metallo erano zincate o verniciate per protezione contro ruggine e abrasione, mentre il cartone esterno era rivestito in celluloide plastificata, resistente a umidità e flessioni. Non vi erano componenti elettronici né sincronizzazione per flash; eventuali accessori rimanevano esterni (es. flash bulb).

La produzione Vernak fu limitata e legata strettamente all’attività di Standard Cameras: non venne sviluppata una linea propria, ma semplicemente applicata una modifica ai modelli Conway già esistenti. Questo approccio semplificato permise di contenere i costi: il filtro verde era montato direttamente in fabbrica, senza impatto sugli stampi o strutture principali.

Il target era costituito da fotoamatori sensibili all’estetica dei cieli e dei paesaggi. Il prezzo di lancio risultava poco superiore a quello della Conway standard, ma non abbastanza da giustificare investimenti maggiori: Vernak vendette per un periodo brevissimo, alcuni mesi al massimo, probabilmente tra il 1949 e il 1951, dove compare solo sporadicamente nei listini inglesi.

Le vendite erano concentrate su mercati locali: Regno Unito, Europa occidentale, fino ai mercati dell’Africa del Sud e Australia, dove i fotografi naturalisti apprezzavano la resa dei contrasti. Il volume totale stimato non supera le 10.000 unità, cifra molto contenuta rispetto alle produzioni mainstream dell’epoca.

Dal punto di vista industriale, Vernak sfruttava la catena di assemblaggio di Standard Cameras: l’obiettivo menisco era stampato, tagliato e collocato tramite robotica leggera, mentre il filtro veniva inserito manualmente nel barrel ottico prima della chiusura. Il filtro era un vetro colorato di tipo “English green”, scelto per la sua neutralità tonale e relativa economia di produzione.

La parte meccanica prevedeva un otturatore a scorrimento interno, su guide in ottone brunito, azionati da molla a spirale. Il meccanismo di tempo fisso fu scelto per ridurre il rischio di malfunzionamenti e calibrare più facilmente le scorte di magazzino. Il sistema di contatto meccanico del contatore utilizzava micro-molle di acciaio che innestavano ingranaggi a spirale, stampa manuale del diaframma su vetro, e levette cromate per controllo dell’esposizione.

Il corpo in cartone rinforzato era laminato con film plastico (celluloide), saldato a caldo con temperature intorno ai 120 °C per ottenere finiture robuste. La cornice interna metallica era pressata e saldata a punti per conferirle rigidità, mentre il dorso presentava guarnizioni in feltro anti-luce.

La fase di attività della Vernak Film Company si concluse assieme alla dissoluzione di Standard Cameras nel 1955. Il marchio Vernak morì di fatto già nei primi anni Cinquanta, poco dopo il lancio, non potendo competere sul mercato con l’aumento dei modelli Agfa, Kodak e Voigtländer. La strategia di differenziazione tramite un piccolo filtro – pur tecnicamente valida – non fu sufficiente a sostenere una produzione propria o un mercato esteso.

Oggi la Vernak rappresenta una curiosità collezionistica: esemplari originali, completi di filtro funzionante e intatti, vengono valutati tra i 50 e i 120 € a seconda delle condizioni. Le aste online ne segnalano l’interesse tra gli appassionati di box camera e vintage camera enthusiasts. Molti collezionisti cercano versioni con filtro integro e meccanismi operativi perfetti, spesso integrate in esposizioni su box camera economiche del dopoguerra.

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