Juergen Teller è nato il 26 luglio 1964 a Erlangen, in Germania. È uno dei fotografi contemporanei più influenti nel campo della fotografia di moda e arte visiva, noto per il suo stile crudo e spontaneo, che sfida le convenzioni estetiche tradizionali. Teller ha saputo coniugare un approccio altamente personale con la cultura pop e commerciale, rivoluzionando il modo in cui la fotografia di moda viene percepita e praticata. La sua opera si distingue per un uso innovativo della luce naturale, della composizione informale e di un’estetica volutamente imperfetta, in contrasto con la patinatura tipica del settore.
Juergen Teller cresce in un contesto dove l’arte e la manualità sono parte integrante della quotidianità. Figlio di un architetto e di una madre appassionata di design tessile, fin da piccolo si confronta con materiali, texture e un’immersione quasi spontanea nelle arti visive. A quindici anni riceve in regalo la sua prima fotocamera, una economica Praktica MTL 5, che diventa presto uno strumento di esplorazione e di comunicazione. Non trascorre molto tempo prima di trasferirsi a Monaco di Baviera per frequentare la Academy of Fine Arts (Akademie der Bildenden Künste München), scelto per il suo approccio interdisciplinare che valorizza pittura, scultura, performance e fotografia.
Nel campus accademico Teller si confronta con docenti che provengono dalle avanguardie europee, ma è l’incontro con i movimenti punk e DIY (do‑it‑yourself) della scena tedesca degli anni ’80 a plasmare la sua visione: imparando fin da subito che l’energia visiva non risiede nella perfezione tecnica, ma nella capacità di raccontare un frammento di vita autentica. Le lezioni sui maestri del Rinascimento e del Barocco lo aiutano a comprendere la composizione classica, ma il suo sguardo si rivolge con più curiosità ai fotografi “rude” come Robert Frank e William Klein, che hanno saputo tradurre l’irrequietezza sociale in immagini nervose e disordinate.
Compie il primo grande salto culturale trasferendosi a Londra nel 1986. La città, in pieno fermento post‑punk, con gallerie indipendenti e riviste underground come i‑D e The Face, gli offre un terreno ideale per sperimentare. Lavora come assistente di vari fotografi di moda e pubblicità, imparando l’utilizzo delle reflex Canon EOS-1N e Nikon F4, nonché dei primi sistemi di luci elettroniche TTL. Nel frattempo inizia a consegnare i suoi provini in 35 mm caratterizzati da volti familiari – amici musicisti, compagni artisti – e da un inconfondibile tratto spontaneo, fatto di imperfezioni, macchie di luce e smorzature improvvise.
Il suo primo servizio professionale su carta patinata esce nel 1990 sulle pagine di i‑D: ritratti in cui si notano immediatamente due scelte rivoluzionarie per l’epoca: l’uso massiccio di pellicole ad alto contrasto, come la Kodak Tri‑X 400 in bianco e nero, e l’adozione di ambientazioni non allestite o addirittura degradate (garage urbani, appartamenti disordinati). Queste immagini, distribuite nell’ambiente londinese, attraggono l’attenzione di stilisti emergenti e graphic designer, che vedono in Teller un artigiano capace di infondere vita e personalità ai ritratti.
L’approccio tecnico di Juergen Teller è profondamente radicato nella fotografia analogica, anche dopo l’avvento del digitale. Le sue attrezzature preferite includono la reflex 35 mm Canon EOS-1V, per la flessibilità nell’uso di obiettivi intercambiabili, e la Mamiya RZ67 Pro II o la Pentax 645NII nel medio formato, quando desidera una maggiore qualità di dettaglio e un controllo più rigoroso della profondità di campo. A queste camere, Teller abbina spesso obiettivi fissi a focale media (50 mm, 80 mm) e grandangolari 35 mm, equipaggiati con diaframmi luminosi (f/1.4–f/2.8) per ottenere sfocature naturali e un piacevole bokeh.
Predilige pellicole come la Kodak Portra 400 per i servizi a colori, grazie alla resa fedele delle tonalità della pelle, e le famose Ilford HP5 Plus e Tri‑X 400 per il bianco e nero, valorizzandone la grana morbida e la versatilità in condizioni di luce mista. La scelta di pellicole ad alto ISO non è casuale: garantisce rapidità di scatto in contesti non controllati, dove Teller ama cogliere istanti spontanei senza l’ausilio di flash o luci artificiali.
Quando si avvale di illuminazione artificiale, utilizza sistemi Profoto D1 o Broncolor Siros, ma li impiega con parsimonia: la sua filosofia prevede un unico flash di schiarita o un bank morbido per ammorbidire le ombre più dure, evitando architetture di luce complesse. L’intento è creare un effetto di luce naturale, anche quando l’origine è artificiale, mantenendo credibilità e immediatezza.
Il suo lavoro in studio è caratterizzato da un set minimale: fondali bianchi o grigi, pochi oggetti di scena scelti con cura e la macchina montata su cavalletto Manfrotto 190CXPro4 con testa micrometrica, per assicurare precisione nelle quadre e nelle prospettive. In location, invece, la reflex o il medio formato vengono sostenuti da impugnature ergonomiche e stabilizzati manualmente, senza treppiedi, per favorire la libertà di movimento e la velocità di reazione.
La camera oscura di Teller, rimasta attiva almeno fino ai primi anni del Duemila, era attrezzata con tank di sviluppo per pellicole e stampe su carta baritata Ilford Multigrade FB, utilizzando chimici come D‑76 e Rodinal, scelti per la loro resa di contrasto medio‑alto. Le stampe venivano effettuate con un ingranditore Durst M605 e scansionate con pellicole di riferimento per il backup digitale, processo che oggi tiene insieme analogico e digitale in un workflow ibrido.
L’estetica di Juergen Teller è definita dall’imperfezione come cifra stilistica. Le sue immagini portano traccia di polvere, graffi, contaminazioni di luce e piccoli difetti di sviluppo, elementi che egli considera parte integrante del racconto visivo. Questa scelta si oppone radicalmente all’estetica levigata e patinata della fotografia di moda tradizionale, imponendo un nuovo paradigma in cui la bellezza è imperfetta e la verità estetica passa attraverso la rottura della perfezione tecnica.
Nel suo lavoro non ci sono pose plastiche perfette. I soggetti – siano essi modelle, celebrità o oggetti di design – compaiono spesso in atteggiamenti rilassati, di spalle, sdraiati per terra o persino in movimenti improvvisi. Teller privilegia l’inquadratura spontanea, con tagli non convenzionali e margini che evidenziano il fuori fuoco, creando un senso di voyeurismo e autenticità.
Dal punto di vista compositivo, ama gli spazi ampi e i contrasti, posizionando il soggetto in relazione all’ambiente circostante. Le sue scene domestiche, per esempio, mostrano cucine disordinate, letti sfatti, superfici di marmo macchiate di caffè, eppure risultano cariche di personalità proprio perché la fotografia documenta la vita reale con tutti i suoi segni. Nel campo della moda, Teller introduce scarpe di lusso in stanze scalcinate, abiti haute couture in mercatini all’aperto, fondendo glamour e quotidianità in un’unica narrazione visiva.
L’uso del colore è calibrato per restituire un senso di immediatezza: non ci sono saturazioni eccessive o correzioni tonali esasperate. La resa cromatica rimane “vera”, con bianchi a volte tendenti al crema, neri mai completamente puri e tonalità della pelle che variano in modo naturale. Quando lavora in bianco e nero, sfrutta contrasto e grana per enfatizzare linee di forza, texture di tessuti, segni del tempo e delle superfici.
Il ritratto è uno dei generi in cui Teller si esprime con maggiore libertà. Le celebrità non sono ingabbiate in schemi tradizionali: fotografate in contesti insoliti, a volte in abiti eccentrici o nudi, restano vulnerabili e umane. Teller ha ritratto personaggi come Björk, Lady Gaga, Brad Pitt, ma sempre in maniera non teatrale, piuttosto come un incontro faccia a faccia tra fotografo e soggetto, fondendo intimità e spontaneità.
Fin dagli anni ’90, Juergen Teller ha collaborato con marchi di moda d’avanguardia come Marc Jacobs, Comme des Garçons, Vivienne Westwood e Chanel, realizzando campagne che hanno scardinato il linguaggio pubblicitario classico. La svolta cruciale giunse con la campagna Marc Jacobs Primavera/Estate 2008: Teller fotografò modelli in strada, su sfondo urbano degradato, abbinando capi di lusso a contesti quasi post‑industriali. Il contrasto tra eleganza sartoriale e scenari urbani dismessi è diventato un’icona stilistica.
Nel 2003 Teller ha esposto al Tate Modern di Londra un progetto dal titolo “Born Into This”, in cui ha allestito una serie di ritratti e immagini ambientate all’interno depliant promozionali stampati su grandi pannelli. L’installazione metteva in mostra la potenza narrativa della fotografia come strumento di costruzione di miti e di rottura di stereotipi, in un percorso che alternava gigantografie di volti noti e ritratti di persone comuni.
Al MoMA PS1 di New York, nel 2014, ha presentato la mostra “Lucky Shiner”, un’antologia di scatti che spaziavano dalla moda all’arte contemporanea, mostrando l’evoluzione del suo stile dagli anni ’90 fino ad oggi. In quest’occasione, Teller ha sperimentato anche video e slideshow sincronizzati con colonne sonore originali, sottolineando la natura performativa del suo approccio.
Nel 2016 il Fotomuseum Winterthur ha dedicato a Teller una retrospettiva completa, allestendo oltre 200 immagini di varie dimensioni, accostando stampa analogica e proiezioni digitali. Questa mostra ha posto l’accento sul suo contributo all’ibridazione tra fotografia commerciale e contemporanea, evidenziando tematiche ricorrenti quali corpo, glamour e desolazione urbana.
Juergen Teller è invitato ogni anno come relatore in festival di fotografia come il Cortona On The Move in Italia e il Les Rencontres d’Arles in Francia. Il suo lavoro è presente nelle collezioni permanenti di istituzioni quali il Victoria & Albert Museum di Londra, il Centre Pompidou di Parigi e il Getty Museum di Los Angeles.

Sono Manuela, autrice e amministratrice del sito web www.storiadellafotografia.com. La mia passione per la fotografia è nata molti anni fa, e da allora ho dedicato la mia vita professionale a esplorare e condividere la sua storia affascinante.
Con una solida formazione accademica in storia dell’arte, ho sviluppato una profonda comprensione delle intersezioni tra fotografia, cultura e società. Credo fermamente che la fotografia non sia solo una forma d’arte, ma anche un potente strumento di comunicazione e un prezioso archivio della nostra memoria collettiva.
La mia esperienza si estende oltre la scrittura; curo mostre fotografiche e pubblico articoli su riviste specializzate. Ho un occhio attento ai dettagli e cerco sempre di contestualizzare le opere fotografiche all’interno delle correnti storiche e sociali.
Attraverso il mio sito, offro una panoramica completa delle tappe fondamentali della fotografia, dai primi esperimenti ottocenteschi alle tecnologie digitali contemporanee. La mia missione è educare e ispirare, sottolineando l’importanza della fotografia come linguaggio universale.
Sono anche una sostenitrice della conservazione della memoria visiva. Ritengo che le immagini abbiano il potere di raccontare storie e preservare momenti significativi. Con un approccio critico e riflessivo, invito i miei lettori a considerare il valore estetico e l’impatto culturale delle fotografie.
Oltre al mio lavoro online, sono autrice di libri dedicati alla fotografia. La mia dedizione a questo campo continua a ispirare coloro che si avvicinano a questa forma d’arte. Il mio obiettivo è presentare la fotografia in modo chiaro e professionale, dimostrando la mia passione e competenza. Cerco di mantenere un equilibrio tra un tono formale e un registro comunicativo accessibile, per coinvolgere un pubblico ampio.