La Western Camera Manufacturing Company fu fondata nel 1902 a Chicago da un piccolo gruppo di ingegneri ottici e meccanici guidati da Henry T. Morrison, un ex tecnigrafo appassionato di fotografia. L’obiettivo iniziale era colmare un vuoto nel mercato statunitense: offrire fotocamere robuste, progettate e costruite interamente negli Stati Uniti, a un pubblico che fino ad allora si affidava quasi esclusivamente ai produttori europei. La scelta di Chicago non fu casuale: la città offriva una rete ferroviaria estremamente efficiente, un’abbondanza di officine meccaniche e la vicinanza di importanti poli di ricerca universitaria, come l’Illinois Institute of Technology.
Sin dai primi mesi, Morrison insisté per adottare un approccio verticalmente integrato: ogni componente – dal vetro ottico alle viti – veniva prodotto in loco. Nelle officine interne si fonderò il vetro per le lenti utilizzando fornaci a controllo termico, mentre un reparto specializzato molava e lucidava le superfici seguendo le più rigorose tecniche ottocentesche. L’assemblaggio meccanico impiegava torni di precisione e calibri a comparatore, garantendo tolleranze inferiori a 0,05 mm. Questo livello di accuratezza, associato all’adozione di leghe leggere a base di alluminio e ottone fosforoso per i corpi macchina, permise a Western di lanciare sul mercato, già nel 1903, la sua prima fotocamera: la Western No. 1, una macchina a lastra 4×5 “con otturatore a lamelle” e soffietto in tessuto cerato.
Il successo iniziale di Western No. 1 derivò non solo dalla qualità costruttiva, ma anche dalla spinta all’innovazione meccanica: l’otturatore, brevettato come “Western Rapid”, raggiungeva un tempo minimo di 1/200 s, un risultato notevole per l’epoca, grazie all’impiego di molle in acciaio al cromo-vanadio e di guide a doppio binario per il controllo del movimento delle lamelle. I tecnici Morris andavano fieri delle calibrazioni fatte “a mano”, con sensori di luce solare misurati attraverso filtri di densità neutra, anticipando metodi di taratura che sarebbero stati formalizzati solo decenni più tardi.
L’espansione della Western Camera Manufacturing Company fu rapida. Entro il 1905 la forza lavoro era più che raddoppiata, e nuovi reparti furono dedicati allo sviluppo di ottiche astigmatiche e di soffietti auto-ereggenti, realizzati con strati multipli di tessuto vulcanizzato e rinforzi metallici per garantire tenuta alla luce. Il laboratorio ottico interno cominciò a sperimentare nuovi vetri con indici di rifrazione differenziati, offrendo ai clienti lenti con correzione delle aberrazioni cromatiche e una migliore resa dei contrasti.
Infine, la strategia commerciale di Western si basava su una rete di rivenditori indipendenti e su una robusta offerta di accessori: otturatori intercambiabili, mirini a punto luminoso, bende anti-luce per riprese all’aperto e piani di ripresa inclinabili che consentivano di eseguire scatti in prospettiva senza distorsioni. Questo approccio garantì all’azienda un rapido riconoscimento in Nord America, fino a diventare, entro il decennio successivo, sinonimo di affidabilità e precisione per professionisti e appassionati.
L’era delle lastre e degli accessori di precisione: tecnologie e perfezionamenti (1906–1918)
Mentre il mercato fotografico evolvava, Western intensificò lo sviluppo di modelli a lastra per uso professionale. Tra il 1906 e il 1910 furono introdotte la Western No. 2 e la No. 3, camere dotate di otturatori Compur-imitazione realizzati su licenza tecnica e di soffietti telescopici che riducevano il tempo di apertura e chiusura, migliorando la stabilità durante le esposizioni in interni. Le guide di messa a fuoco venivano grezzi e successivamente rettificate nei centri di lavoro, garantendo spostamenti con ripetibilità entro ±0,1 mm.
Uno degli sviluppi più significativi di questo periodo fu l’adozione di meccanismi di sincronizzazione flash. Sfruttando ingegneria basata su contatti elettrici pneumatici, i tecnici Western riuscirono a lanciare nel 1912 il primo sistema di sincrono, chiamato “Western Flash Sync”, che permetteva di collegare una lampada a polvere o una lampada a incandescenza portatile direttamente al corpo macchina, garantendo tempi di scatto sincronizzati entro ±1/100 di secondo. La richiesta di questo accessorio esplose con la diffusione della fotografia di ritratto nei primi studi americani.
Parallelamente, l’offerta di lenti speciali venne ampliata: nacquero le prime versioni del Western Anastigmat 4,5/105 mm, disegnate per correggere le aberrazioni sferiche e cromatiche grazie a un doppietto made in Chicago. Le superfici venivano sottoposte a trattamenti antiriflesso semplici, con immersioni in soluzioni a base di fluoruro di magnesio, che riducevano i riflessi al 20% rispetto a lenti non trattate. I vetri venivano poi ricotti in atmosfera inerte per stabilizzare le caratteristiche ottiche.
Per rispondere al crescente interesse per la fotografia scientifica, Western introdusse nel 1915 la No. 4 Scientific, equipaggiata con un banco ottico regolabile e un piano di ripresa in vetro temprato, e dotata di un otturatore a tendine metallica ad alta velocità. Questo modello fu adottato da diversi atenei statunitensi per la documentazione di esperimenti, grazie alla sua capacità di scattare fino a 1/500 s e di mantenere la planarità del piano focale entro 0,01 mm.
La Grande Guerra rappresentò un’ulteriore prova di tenuta per la Western Camera Manufacturing Company. L’azienda fu incaricata di fornire strumenti per la ricognizione fotografica militare, tra cui modelli di camera equipaggiati con ottiche a lunga focale (fino a 300 mm) e otturatori a tendina rinforzati per resistere alle vibrazioni in volo. Questi incarichi imposero l’adozione di processi di controllo qualità ancora più stringenti e l’utilizzo di materiali di grado aeronautico, consolidando la reputazione dell’azienda come fornitore di dispositivi high-end anche in contesti estremi.
L’avvento della pellicola e la sfida dei formati mobili (1919–1930)
Superata la fase bellica, Western anticipò la grande trasformazione del mercato: la diffusione delle pellicole a rullo. Nel 1919 presentò la Western Rollfilm, una fotocamera compatta per pellicola 120, con un obiettivo Western Rokkor 3,8/80 mm e un otturatore a tamburo interno capace di tempi da 1 s a 1/150 s. Il caricamento avveniva tramite un sistema brevettato di baionetta e tamburo motorizzato a molla, che garantiva un tensionamento costante della pellicola e un posizionamento preciso di 6×9 cm tra i fotogrammi.
La progettazione meccanica fu di notevole complessità: ingranaggi a denti conici, fabbricati in acciaio temprato e certificati con prove di fatica meccanica, assicuravano un avanzamento uniforme anche sotto sollecitazioni termiche elevate. Le guide in ottone nichelato scorrevano su pattini in bronzo fosforoso, mantenendo un’attrito costante e riducendo al minimo il gioco longitudinale.
Contemporaneamente, nel 1925, Western introdusse la Pocket Western, una macchina tascabile per pellicola 127, che sfruttava un soffietto retrattile e un corpo in alluminio pressofuso. Il mirino galileiano era sostituito da un semplice punto luminoso, mentre l’otturatore interno garantiva tempi fino a 1/200 s. Questo modello ebbe enorme successo tra i fotografi amatoriali, poiché coniugava portabilità e qualità ottica, proponendosi come alternativa economica alla Leica appena lanciata in Germania.
Il progredire della tecnologia ottica vide la Western lavorare su lenti sferiche sempre più corrette: furono sviluppati i primi prototipi di lenti multi-elemento a tre gruppi, capaci di ridurre le aberrazioni di curvatura di campo del 40% rispetto alle ottiche a due lenti. Il trattamento antiriflesso multilayer, introdotto nel 1928, impiegava vaporizzazioni alternate di ossidi metallici in camera a vuoto, aumentando la trasmissione luminosa del 15%.
In questo decennio Western rafforzò la propria offerta di accessori: soglie di comparazione per esposimetri meccanici, cavetti di sincronizzazione flash, custodie di cuoio con rivestimento interno a velluto e piani duplicatori regolabili che consentivano di passare rapidamente dalla modalità panoramica a quella di ritratto, grazie a un innesto girevole a baionetta.
L’innovazione, la crisi e il lascito tecnico della Western Camera Manufacturing Company (1931–1942)
Gli anni Trenta portarono sfide nuove: la Grande Depressione colpì duramente il potere d’acquisto dei consumatori, mentre la concorrenza internazionale si faceva sempre più agguerrita. Western rispose rafforzando l’attività di ricerca e sviluppo, aprendo un laboratorio sperimentale dedicato all’ottica avanzata. Qui ingegneri e fisici applicavano formule di progettazione basate sulla geometria non euclidea per correggere le aberrazioni su grandangoli di piccola dimensione.
Nel 1934 comparve la Western Super-Speed, un apparecchio per pellicola 35 mm capace di scattare fino a 1/500 s grazie a un otturatore a tendina con trattamento antiriflesso interno e calibrazione in camera oscura. Questo modello integrava un sistema di misurazione esposimetrica meccanica basato su una cellula al selenio, progetto in collaborazione con un’industria di strumenti di misura di Detroit, e permetteva di ottenere esposizioni corrette entro un margine di errore di ±⅓ di diaframma.
Malgrado il valore tecnico dei prodotti, la Western dovette affrontare crescenti difficoltà finanziarie. La disperata lotta di prezzo con produttori europei e giapponesi, combinata ai costi di mantenimento di uno stabilimento integrato, portò l’azienda a ridurre drasticamente l’organico. Negli ultimi anni di attività, a partire dal 1938, furono realizzate piccole serie di fotocamere d’elite, come la Western Ultima, caratterizzata da un obiettivo Western-Cooke 1:2 f/50 mm, derivato da progetti cinematografici, e da un otturatore Western Rapid Vertical capace di 1/1000 s.
La produzione cessò ufficialmente nel 1942, quando le restrizioni belliche reindirizzarono tutte le capacità produttive verso l’industria militare, e gli stabilimenti furono riconvertiti alla lavorazione di componenti aeronautici.